Tanto gentile e tanto onesta pare

Nella trasposizione musicale del sonetto Tanto Gentile e tanto Onesta Pare, Oreste Tommasini sceglie una forma a-b-a1, racchiudendo le prime due quartine in un episodio musicale che tornerà come eco a sottolineare anche la terzina finale. Con un calmo moto cromatico ascendente, il pianoforte introduce l’atmosfera di contemplazione dell’amata, ma all’ingresso della melodia vocale, l’accompagnamento strumentale si limita al solo accenno dell’armonia: è la voce che esalta i versi danteschi in cui “la donna mia” si mostra nella sua piena e dignitosa bellezza, venuta – quasi come emanazione di Dio – a dispensare la sua grazia angelica e rassicurante. Se questo primo episodio si svolge in un andante dai toni sereni, alla prima terzina del componimento poetico è affidato un cambio di registro, dove il pianoforte si rende protagonista di un maggiore movimento, pur sempre atto a sottolineare e amplificare la funzione salvifica della donna: è qui che si raggiunge l’acme della composizione, attraverso l’elevazione del profilo vocale sino a un progressivo indugiare su una medesima altezza in corrispondenza delle parole [che intender non può] “chi non la prova”. La calma iniziale ritorna per l’ultima terzina della poesia: la beatitudine della contemplazione si palesa in un sospiro, su cui il compositore fissa una corona a prolungarne il suono, prima che il pianoforte si riappropri del suo ruolo di accompagnamento a concludere il brano.