
L'Università "Libera", soprattutto oneri
Fin dal 1860 con i decreti Pepoli e dal gennaio 1861 con il decreto del ministro della Pubblica Istruzione Terenzio Mamiani l’Università di Perugia viveva le conseguenze dello status di università “Libera”, assieme alle altre tre università secondarie dell’ex Stato della Chiesa, Ferrara, Camerino e Urbino.
Spettava al Comune provvedere alle esigenze finanziarie dell’Università, onere assai gravoso; inoltre i laureati in Medicina e Chirurgia dovevano frequentare per un biennio le cliniche dell’Università di Bologna o dell’Istituto superiore di Firenze e sostenervi gli esami per completare il loro ciclo di studi ed essere ammessi alla professione.
Con il nuovo Statuto del 1886 l’Università acquisiva autonomia nella gestione delle proprie risorse, con una direzione scientifica, didattica e disciplinare affidate esclusivamente al Rettore, al Consiglio accademico, alle Facoltà e al corpo docente, lasciando al Comune e alla Provincia solo compiti di vigilanza e di finanziamento.
Negli anni si erano succedute relazioni e commissioni accademiche nelle quali si esprimevano periodicamente alle autorità cittadine e a quelle statali preoccupazione per le grame condizioni finanziarie dell’Ateneo, lamentele per la progressiva riduzione dell’offerta didattica e proteste da parte dei docenti per gli stipendi non in linea con le loro esigenze e puntualmente si ricordavano e riaffermavano la dignità e il prestigio dell’Ateneo in ambito nazionale.
Tra il 1882 e il 1886 a causa del calo degli iscritti erano state soppresse le Facoltà di Scienze e di Belle lettere. Nel 1911 si arrivò a prospettare, con un progetto di riforma dell’Ateneo a firma del conte Conestabile della Staffa, l’abolizione della Facoltà più costosa, quella di Medicina e Chirurgia, e delle Scuole di Farmacia e di Veterinaria annesse. Sarebbe rimasta la sola storica Facoltà di Giurisprudenza
La proposta provocò la reazione sdegnata e una controrelazione dei professori medici, tra i quali De Paoli, Bellucci e Silvestrini.
Frontespizio [“La questione della Università di Perugia. Relazione della Deputazione provinciale”. Foligno, Campitelli, 1912- Ex Biblioteca Centrale]

L’Università Regia e la guerra
Tuttavia per molti aspetti, numero di studenti, risorse e qualità dei docenti, l’Università di Perugia nei primi anni del Novecento primeggiava rispetto alle altre Università Libere e si moltiplicavano i tentativi di ottenere il riconoscimento di Università Regia da parte dello Stato.
Nel 1910 una Commissione di 6 docenti presieduta dal Rettore Umberto Rossi inoltrava, concordi le autorità locali, richiesta in tal senso al Ministro per la pubblica istruzione: si prevedeva l’attribuzione allo Stato di tutti gli oneri legati al funzionamento dell’Università in cambio della cessione di tutto il patrimonio e dei contributi annuali provenienti dal Comune e dalla Provincia.
La regificazione avverrà solo quindici anni dopo, nel 1925, dopo la prima guerra mondiale e l’avvento del fascismo, in applicazione della riforma Gentile del 1923. L’Università di Perugia diveniva Regia di tipo B, a parziale carico del bilancio dello Stato, che si impegnava a versare un contributo annuo: questo, assieme al patrimonio rimasto in gestione e ai contributi degli enti locali veniva utilizzato dall’Ateneo per provvedere alle proprie necessità.
All’ingresso in guerra dell’Italia, il 24 maggio 1915, l’Università di Perugia si trovava quindi in precarie condizioni finanziarie, con due sole facoltà, Giurisprudenza e Medicina e Chirurgia e tre scuole, Veterinaria, Farmacia e Ostetricia per le levatrici, con molti giovani studenti e vari docenti arruolati per servire la Patria.
Nei tre anni e mezzo di conflitto si avvicendarono nel compito di Rettore Raffaello Silvestrini (1914-1916), Carlo Cassola (1916), Antonio Criscuoli (1916-1917), Isidoro La Lumia (1917-1921).
E' possibile avere un'idea della situazione dell'Ateneo durante il conflitto attraverso dati numerici e scarne notizie presenti in un opuscolo celebrativo, L'Università di Perugia nella guerra MCMXV-MC MXVIII: in servizio 21 professori, 12 aiuti e assistenti, 3 impiegati, 8 inservienti; iscritti 324 studenti, di cui 12 morti in guerra o dispersi, nessuna notizia in particolare dello studente Enrico Pernossi, disperso sul Montello il 15 giugno 1918; inoltre 5 studenti risultano morti per ferite o malattie contratte in guerra e altri 22 feriti in combattimento. [MF]