XVII secolo

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Oltre ad essere indispensabile alla sopravvivenza fisica dell’uomo, il cibo ha indubbiamente una forte valenza simbolica che, già nelle società primitive, si esprimeva, ad esempio, con il consumo delle carni degli animali totemici. Nella civiltà cristiana il pane ed il vino hanno assunto un ruolo centrale nelle celebrazioni liturgiche, ma sono anche, parallelamente, protagonisti dei pasti quotidiani. Entrambi i profili trovano una propria espressione nei documenti storici dell’Ateneo risalenti al XVII secolo.

Il pane ed il vino non solo fanno parte della dieta quotidiana dei popoli mediterranei, ma entrano nella preparazione dei farmaci, sia nella medicina occidentale, sia nell’esotica farmacopea persiana. Ed è proprio qui che si può rilevare come il vino, bandito dalla tradizione islamica, trovi un’applicazione farmaceutica, per la quale lo scopo terapeutico può giustificare l’infrazione del precetto religioso. Un fenomeno analogo si registra nella concessione, da parte della Chiesa, di licenze per il consumo di carne durante la Quaresima, licenze connesse proprio allo stato di salute dei richiedenti.

Intanto l’importanza alimentare del pane e del vino fu tale che, nel corso del XVII secolo, gli amministratori del Collegio della Sapienza Nuova ritennero utile registrarne l’acquisto e l’utilizzo in documenti appositi. Tanta meticolosa cura si può forse collegare alle gravi difficoltà economiche del secolo, un secolo di ‘crisi’ che, tra carestie, epidemie e guerre, non risparmiò le popolazioni dell’Europa mediterranea in generale, e quella perugina in particolare. (RL)