L' "Antidotario romano"

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Antidotario romano latino e volgare

Roma : Pietro Antonio Facciotti, 1639    Sala del Dottorato, XVIII-5-33

L’Antidotario romano, celebre farmacopea edita dal Collegio dei Medici di Roma per la prima volta nel 1583, fu tradotto in volgare nel 1612 dallo speziale romano Ippolito Ceccarelli. L’opera continuò ad essere aggiornata fino al 1675; l’edizione in mostra fu curata nel 1639 dal medico Pietro Castelli, lettore dei semplici a Roma.

Opere del genere, fra le quali fu celebre anche il Ricettario fiorentino del 1498, ebbero la massima diffusione nel Seicento. Con esse le autorità cittadine e i collegi dei medici fissavano norme per la preparazione dei farmaci, limitando la libertà degli speziali, ma anche gli abusi di disonesti e contraffattori.

Composto in latino e volgare questo agile manuale elenca migliaia di rimedi per ognuno dei quali sono stabilite dosi e metodi di preparazione.

Sorprende il numero di composti vegetali, minerali ed animali utilizzati: oro, argento, incenso, perle, piombo, carta, mattoni, parti di animali come cicale, rane e vipere, radici o erbe non comunemente commestibili, ma anche alimenti, come spezie, erbe aromatiche, verdure, frutta fresca e secca, cereali, legumi, vino, miele e zucchero.

Fra questi la cannella si usava per l’acqua di cannella, lo zucchero o il miele erano indispensabili per conserve di frutta, elettuari, sciroppi. Il vino, per il suo antico valore terapeutico, accompagnava spesso i medicamenti, caldo o con il miele, l’olio di oliva era la base di olii d’erbe e fiori. In particolari impiastri si usava la crosta del pane (p. 243): si scioglievano l’olio e la cera, si aggiungeva la crosta del pane abbrustolita, passata nell’aceto e infine pestata insieme alla farina d’orzo. (SB)

Antidotario romano latino e volgare Roma : Pietro Antonio Facciotti, 1639 Sala del Dottorato, XVIII-5-33