XVIII-XIX secolo

print this page

Il secolo dei Lumi segna nella realtà locale un mutamento profondo dell’atteggiamento teorico nei confronti dell’alimentazione e delle abitudini alimentari. Sulle tavole umbre compaiono cibi del tutto nuovi e inusitati, come ad esempio la cioccolata che, prodotta col cacao originario della lontana America, si diffonde nel nostro territorio solo agli inizi del XVIII secolo. La sua produzione interessa gli estensori dell’Encyclopédie, che riconoscendo dignità anche ai saperi non accademici e intellettuali, pubblicano le tavole illustrative qui esposte nell’edizione lucchese del 1767. Il consumo di cioccolata è contestuale alla comparsa di locali pubblici, i caffè, nei quali consumare questi ed altri alimenti e soprattutto vivere momenti di incontro e discussione conviviale, nella prospettiva di ciò che gli storici chiamano ‘sociabilità’ settecentesca. Ma gli studenti, almeno sul finire del Settecento, possono consumare la cioccolata anche in Collegio, dove viene annoverata tra gli acquisti straordinari. Le ‘mode’ alimentari del XVIII secolo mostrano anche un profilo più morigerato, quasi austero, e possono suggerire, per esempio, una dieta vegetariana che, attribuita alla sapienza degli antichi, promette la conservazione o il ristabilimento della salute. La diffusione di alimenti esotici e la capacità di sviluppare mode alimentari non tolgono però che l’alimentazione sia ancora per molti una questione di mera sopravvivenza, soprattutto negli anni di carestia, quando la produzione cerealicola è insufficiente a garantire il pane necessario. Le crisi alimentari di metà Settecento furono senz’altro di stimolo alla nascente scienza economica che proprio nel commercio trovò un tema di riflessione e dibattito.

Mentre Perugia attraversa epocali mutamenti politici – dall’età napoleonica alla Restaurazione sino al compimento dell’Unità nazionale – il Collegio della Sapienza Nuova vive alterne vicende che lo trasformano, gli sottraggono e restituiscono risorse finanziarie o ne minacciano addirittura la sopravvivenza. La sua cucina, comunque, continua ad imbandire la tavola degli studenti ed anzi la organizza con menù giornalieri che attestano una dieta ricca e varia. Le abitudini alimentari degli studenti appaiono analoghe agli usi della locale borghesia, in progressiva affermazione, mentre si appannano e tendono a svanire le distinzioni cetuali che per secoli avevano riservato alcuni alimenti, come la selvaggina e l’uccellagione, alle tavole aristocratiche.

Anche i fondi librari dell’Università riflettono lo spirito del tempo. Da un lato prosegue la secolare attenzione alla produzione di ‘storie naturali’ che ormai, però, hanno assunto un carattere sistematico e tassonomico, figlio della scienza settecentesca e poi dello spirito positivistico. Ad essa si aggiunge la fondazione degli studi agronomici e la diffusione di un’ampia trattatistica incentrata proprio sulla produzione, il più efficiente possibile, di generi alimentari vegetali ed animali. Dall’altro, la famiglia borghese si organizza per una buona amministrazione del proprio patrimonio ed è interessata alle prime opere di economia domestica che, tra nozioni d’orticoltura e artigianato, non disdegnano di inserire ricette e suggerimenti gastronomici. (RL)